HOUSING: TENDENZE DELLA RICERCA CONTEMPORANEA

13 aprile 2008 § Lascia un commento

HOUSING: NUOVE ALTERNATIVE1

… si è risolto il problema della tipologia abitativa perseguendo contemporaneamente una soluzione di validità generale: non si ricercava uno standard, ma condizioni razionali per vivere. Condizioni che, tuttavia, possono essere solo generali: non possiamo costruire case per i singoli. Possiamo però offrire al singolo concrete condizioni di libertà perché viva come preferisce in un sistema dato. L’architettura è una questione di guanti (Hans Schmidt)” – Aldo Rossi

L’avvento dell’ideologia dell’existenz minimun, o, meglio, della sua banalizzazione, proprio dell’attuale produzione edilizia, produce cellule abitative basate sullo schema “soggiorno – sala da pranzo – cucina – bagno – bagno di servizio – tre camere da letto”, tutto in novanta metri quadri, uno schema assolutamente incapace di raccogliere le istanze e le richieste di una società contemporanea caratterizzata da movimento e nomadismo.

I risultati di ricerche recenti in ambito residenziale evidenziano la convenienza ad una ridefinizione dello spazio abitato attraverso la previsione di una maggiore polifunzionalità degli ambienti.

Più che la ripetitività dell’approccio normo – convenzionale della produzione edilizia attuale, appare maggiormente adeguata l’adozione di una strategia imperniata sulla diversità, intesa come possibilità combinatoria in grado di favorire la mescolanza efficace di tipologie e programmi differenti: SOMIGLIANZA CON LE TIPOLOGIE DEL TERZIARIO in cui gli edifici sono destinati anche alla produzione ma di una produttività residenziale (ciò porterebbe alla coesistenza della residenza con altre attività, anche commerciali, con essa compatibili).

Il perseguimento di tali finalità parte dalla reinterpretazione di alcuni elementi costruttivi finalizzati essenzialmente alla liberazione dello spazio interno dalla presenza di impianti e più specificatamente:

1. l’interpretazione del muro di mezzeria non più come una semplice linea divisoria ma come uno spessore tecnico, una parete attrezzata ad ospitare impianti;

2. l’utilizzo della facciata, non solo come semplice linea di separazione con l’esterno ma anche come efficace supporto dei servizi caratterizzato da uno spessore alveolare di pieni e di vuoti che lasciano passare luce e aria.

Questi e altri accorgimenti analoghi (ad esempio solai prefabbricati destinati a dar alloggio agli elementi impiantistici tecnici) danno la possibilità di liberare completamente lo spazio restante, quello abitabile. La costruzione e le attrezzature, poste in spessori serventi, formano così il quadro più stabile: il resto può, eventualmente, slittare nell’ambito del temporale, del mobile e del polivalente.

Cino Zucchi riscontra tale linea di ricerca facendola risalire ad alcuni ragionamenti appartenenti alla cultura architettonica olandese degli anni ’70: divisione dell’edificio in parte ‘pesante’ (struttura, impianti, nucleo servizi) pianificata in maniera unitaria, e in parte ‘leggera’ con l’utente e il suo desiderio di personalizzazione attraverso una trasformazione controllata degli spazi abitabili.2

Quindi, il nuovo concetto di flessibilità (più in la della parodia dell’utente bricoleur che si dedica a trasformare l’interno della sua casa) dovrebbe oggi associarsi ad una maggiore polivalenza e versatilità dello spazio. In questo senso otterrebbero la stessa importanza tanto le azioni tattiche di ordine strutturale (utilizzo sempre maggiore di grandi luci e minimizzazione della struttura) o quelle relazionate alla concezione delle attrezzature (concentrazione strategica di moduli tecnici, definizione a maglia delle reti energetiche…) quanto quelle riferite a sistemi di distribuzione e divisione più o meno evoluti: creazione di uno spazio “vuoto” dove l’utente può scegliere tra i diversi tipi di distribuzione.

In tale quadro assume importanza la semiprefabbricazione degli elementi costruttivi (non una prefabbricazione dura orientata alla ripetizione di moduli cellulari completi, ma una prefabbricazione tattica, utilizzata tanto nella struttura quanto nella definizione di impianti e attrezzature (è da annotare che tale sistema produttivo imporrebbe un approfondimento progettuale preliminare alla realizzazione del manufatto edile assolutamente estranea nell’attuale produzione edilizia).

Due esplicazioni di tali discorsi sono:

1. “Il sistema ABC verifica la possibilità di generare sottotipi diversi sulla base del movimento di nuclei di servizio all’interno di uno spazio elementare con facciata duplice, 5.5 x 14 metri. La proposta è basata sulla possibilità di posizionare in diverse posizioni tre tipi di muri prefabbricati e attrezzati, e segue il sistema ABC (Armadio, Bagno, Cucina) concepito come un insieme di elementi rigidi in un spazio fluido circostante, con l’eliminazione di partizioni interne e la loro sostituzione con pareti scorrevoli. Sono realizzabili in tal modo combinazioni diverse che vanno dalle configurazioni più convenzionali (basate su due o tre camere da letto) alla configurazione più aperta del ‘tipo loft’. Nei prospetti, le diverse posizioni assunte dai moduli più esterni creano un gioco ritmato di teste verticali dai colori differenti che si combinano con le strutture di facciata (vetrate, opache, fisse o scorrevoli e protettive).

2. Altra strategia progettuale è quella imperniata sulla concentrazione degli spazi di servizio in strisce periferiche innescando maggior versatilità nello spazio principale.

Nel cosiddetto Rail System, la distribuzione interna e la sua organizzazione segue tre strisce longitudinali funzionali. La prima striscia, la più aperta e che corre lungo la facciata meridionale, è concepita come uno spazio ambiguo, un mix di corridoio, galleria, e spazio relax, filtro tra interno ed esterno. Le funzioni principali (le camere da letto, salotto, ecc…) sono poste nella striscia centrale e larga. La privacy in tutte le stanze è assicurata da una parete scorrevole a scomparsa. La striscia che corre lungo la facciata più chiusa, a nord, ospita la sistemazione libera di nuclei di servizio (i bagni, guardaroba, spazi per piccoli studi, ecc.). Questa semplice distribuzione permette grande flessibilità di soluzioni e di tipi.3

Da una prospettiva urbanistica, la ricerca sull’abitazione attuale sembra orientata a una riproposizione “ammorbidita” dei dettami propri del movimento moderno ed è riassumibile sommariamente dai seguenti punti:

1. creazione di relazioni tra gli edifici tramite percorsi e visuali nella consapevolezza di non poter contare sulla presenza di uno spazio pubblico.

2. Definizione del ‘cluster’ (dall’inglese “gruppo”), realizzato mediante volumi disposti con criteri paesaggistici, creando in tal modo un legame con il contesto sovralocale. Ciò che guida il loro disegno non è soltanto il tracciato stradale ma anche parametri bioclimatica quali l’esposizione, la direzione dei venti, etc….

3. Tale strategia ha alla sua base l’idea di una città arcipelago, di una metropoli composta da isole aperte ma separate dal normale flusso della vita metropolitana con tutti i suoi incidenti.

La produzione edilizia locale appare molto distante da tali assunti e le sue realizzazioni sono, piuttosto che isole aperte in comunicazione tra loro, un insieme di edifici introversi, senza alcuna relazione che li leghi tra loro e con il resto delle città: le nostre periferie sono delle città autosufficienti ma in cui è assolutamente assente lo spazio pubblico, in poche parole, quartieri ‘privatizzati’. Nelle metropoli, ma, aggiungiamo noi, il fenomeno è osservabile anche in provincia, si è arrivati a tali agglomerati a seguito del passaggio dalla città del moderno, mossa dai ritmi della produzione, alla città del consumo. Quest’ultima si identifica nell’azione delle diverse figure sociali che la attraversano e in tale azione stabiliscono forme di relazione addestrate alla precarietà e alla violenza. La violenza è determinata dallo scarto tra desideri illimitati e possibilità effettive di accesso al consumo, una microconflittualità permanente che mette a rischio qualsiasi posizione ritenuta consolidata …. Progetto urbano inteso come disegno di una riterritorializzazione possibile, che si opponga ai processi di astrazione e di ghettizzazione propri della città del consumo.4

VERSO UN NUOVO PAESAGGIO ABITATO

La logica tradizionale associata all’idea di ampliamento che ha segnato gli ultimi decenni è stata quella dell’espansione e continuità sui tracciati della città esistente. Questo ‘stiramento’ virtuale della città verso il territorio supporrebbe una colonizzazione prioritariamente ‘urbana’ del paesaggio. Strada, tessuto, tracciato, sono i tre punti sui quali poggia questa visione e la conseguenza è una ‘urbanità compatta e regolare, continua e allineata, aliena alle condizioni dell’ambiente di cui andrà a rompere o limitare i grandi orizzonti, i vuoti, le tessiture e le trame esistenti.

Per una maggiore eterogeneità della forma urbana è auspicabile una mescolanza tipologica non solo su scala edilizia ma anche su una scala più propriamente urbana: CITTÀ COMPATTA, città storica Vs CITTÀ ZONIZZATA, città contemporanea.

Una logica di questo tipo presuppone l’utilizzo di geometrie meno urbane, più irregolari e aperte. Con gradi di densità variabili, con granulonetrie diverse, con concentrazioni edificatorie e dilatazioni visuali e paesaggistiche. Una logica di campi e trame, di geografie e di rilievi.

Di campi coltivati e strati residenziali. Di ibridazioni natural-artificiali tra natura e città.

Una logica quindi di habitat di intersezione, intesi più come contesti o paesaggi stimolanti che come urbanità disciplinate. Essendo scomparso il confine tra città e campagna, i nuovi sviluppi urbani non sono più a senso unico: una nuova mentalità ecologista impone penetrazioni reciproche tra i due sistemi e alle colate di cemento delle nuove espansioni devono corrispondere nuovi brani di campagna all’interno della città consolidata.

1 Il presente è un breve e non esaustivo sunto della ricerca architettonica contemporanea sulla residenza.

2 Cino Zucchi, in Lotus international 120, pp 8-11, Milano, aprile 2004.

3 Il testo è una rielaborazione dei risultati raggiunti nelle sperimentazioni progettuali portate avanti da M. Gausa e dallo studio ACTAR. Per approfondire si veda, Manuel GAUSA, Housing+Single-Family Hosing, Birkhauser-Actar, Basilea, Boston, Berlino – Barcellona, 2004.

4 estratto da: Massimo ILARDI, attraversare non si può, e abitare?, in Piano Progetto Città n. 20-21, pp 210-211, Pescara, 2003.

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